sabato 14 aprile 2012

Il prete 7

«Parla, prete» disse Leo.
«Posso sedermi almeno? Sono ferito!» disse Don Bruno.
«Puoi anche morire in questo istante per quanto mi riguarda. Parla, o ti sistemo anche l'altra gamba.»
«Abbiamo avuto un incidente. Sonny ce l'aveva con te per quello che era successo nel rifugio e ha cominciato ad andare a tavoletta. Durante una curva il furgone è uscito di strada. Le ruote non hanno tenuto con tutto quel fango. È andato dritto per dritto e ci siamo schiantati contro un albero, siamo stati sbalzati fuori e lui ha preso in pieno un tronco. Deve essersi rotto la spina dorsale, perché non riesce a muoversi. Perde un mucchio di sangue da un fianco. Dobbiamo fare presto!»
«Mi stai riempiendo di cazzate. Perché sei tornato? Potevi scappare e avvisare la polizia» disse Leo.
«Volevo farlo, ma le mie ferite sono troppo gravi, non ce l'avrei mai fatta ad arrivare fino al paese e anche se ci fossi riuscito, al mio ritorno con la polizia, Sonny sarebbe già morto. Ho preferito tornare e chiedere aiuto a te... Siamo tutti figli di Dio, Leo. Sonny non merita quella fine, la sua punizione la riceverà dopo la morte. Se c'è una minima possibilità di salvarlo, è mio dovere tentare. Starà al Signore giudicarlo.»
Leo fece un mezzo ghigno e scosse la testa: «Sarà pure come dici tu, prete, ma Dio si deve mettere in fila. In questo momento chi sta giudicando sono io. Entra, svelto» disse.
Don Bruno zoppicò per qualche metro poi cadde a terra e fece una smorfia di dolore.
«Che cazzo, ti vuoi muovere?» disse Leo.
«Così sto già andando alla velocità della luce. Una mano no, eh?»
«Non ci penso proprio. Muovi il culo.»
Il prete cadde ancora un paio di volte, prima di entrare. Trovò Leo già seduto. Raggiunse una sedia e si accomodò come meglio poteva.
Leo rimase in silenzio e fissò Don Bruno per qualche minuto. Come se avesse dei poteri per leggere la mente.
«Non andiamo da Sonny? Dovremmo...»
«Chiudi quella cazzo di bocca. Sto pensando.»
Leo aveva capito di trovarsi in una brutta situazione. Come doveva agire ora? Se il prete diceva la verità, Sonny poteva anche crepare. Si sarebbe preso la sua fetta e l'ultima cosa che voleva fare era chiamare qualcuno per aiutare quel pezzo di merda. Doveva fare fuori il prete e trovare un altro posto e rimanerci con la ragazza fino al giorno del rilascio. Non poteva andare da Sonny e lasciarla incustodita un'altra volta.  - La ragazza? Cazzo, devo controllare -
Si alzò e si diresse verso la porta. Accostò di nuovo l'orecchio. Nulla.
«Cosa stai facendo? Dobbiamo andare!» disse Don Bruno.
Leo si girò, affrettò un paio di passi verso il prete e gli mollò un manrovescio che gli fece girare la faccia. Uscirono i segni delle dita: colore e bruciore del fuoco.
«Basta» disse Leo. Don Bruno mise una mano sulla guancia arroventata e  annuì.
Leo tornò alla porta e l'aprì. Spalancò i suoi occhi grigi e lo shock e la rabbia si mescolarono, facendogli scoppiettare il cervello come un pop-corn. Vide il corpo della ragazza inerte, di un colore biancastro, tranne la zona del collo, dove si notava una torsione innaturale di colore violaceo. Ester era distesa per terra, pancia sopra, ma il suo sguardo lattiginoso fissava le assi del pavimento. 
«Che cazzo sta succedendo?» disse Leo. Da dietro, un braccio gli avvolse il collo e la mano con la pistola venne bloccata all'altezza del polso. Si sentì soffocare e lo scricchiolio delle ossa dell'avambraccio gli fece mollare la presa sull'arma, che cadde a terra. Tutto cominciò ad appannarsi. La bocca di Don Bruno si avvicinò all'orecchio di Leo: «Peccato che tu abbia già scoperto la ragazza, volevo divertirmi ancora un po'.»
«Bastardo di un prete» ringhiò Leo. Don Bruno gli appoggiò un piede sulla schiena e lo spinse dentro la stanza. Leo cadde faccia a terra, vicino alla ragazza, che sembrava fissarlo con i suoi occhi vitrei, dove la scintilla della vita si era disciolta, come neve bagnata dal piscio caldo.
«La faccenda dell'essere armato è sistemata. Ora vediamo quanto fumano le tue palle» disse Don Bruno. Lo spirito combattivo di Leo accolse la provocazione e lo fece rinsavire. Si mise seduto e si massaggiò il polso. Don Bruno si trovava appena fuori dalla stanza, con la pistola puntata.
«Si può sapere chi cazzo sei?» chiese Leo.
Don Bruno rise sguaiatamente.
«Quando ho sentito voi due bifolchi parlare del prete non stavo più nella pelle... di Ester» e rise di nuovo. Leo, dal canto suo, non rideva per niente. Gli bastò quella frase per capire di essere immerso nella merda con un blocco di cemento ai piedi. 

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